Cercano, i magi. Sono partiti da lontano per verificare la validità delle loro teorie astronomiche. Scrutano i cieli per verificare un qualche evento che li aiuti a capire cosa sta succedendo. Scommettono su una teoria: un evento astrale indica la nascita di un grande re, a Occidente. E non si fermano alla teoria: si mettono in cammino, fanno un sacco di strada, giungono fino alla città di Gerusalemme. Forse hanno scommesso qualcosa, per vedere chi fra loro abbia ragione. E lì, al palazzo di Erode, restano interdetti: il re sembra spaventato, non c’è nessun erede appena nato, ci mancherebbe (alcuni fra i suoi figli li ha fatti ammazzare lui, non è esattamente un padre modello!). Il re convoca i sacerdoti, parlano di profezie, di un inviato celeste. Cosa sta succedendo? La loro ricerca, ora, cambia. Non c’è più nessuna scommessa in gioco, qui si parla di qualcosa di più serio. Si rimettono in strada e arrivano a Betlemme. Lì incontrano un’adolescente che stringe al suo seno un neonato. Ecco, sono arrivati alla fine della loro ricerca. No, non c’è nessun fenomeno astrale, nessuna lucina, solo una madre e un bambino. Eppure. Per un’altra strada tornano. Il loro cuore è cambiato.
Quei magoi, ci dicono gli esegeti, rappresentano i popoli pagani che cercano la verità e incontrano Dio. Perciò l’epifania è la grande festa dei popoli che incontrano l’inaudito di Dio. L’epifania è l’inizio della nuova fede, spalancata ad ogni uomo. Non esiste più il Dio nazionale che difende un popolo: Dio è accessibile ad ogni uomo che lo cerca con cuore sincero.
Anzi: che cerca la verità. Il testo di Matteo mette in crisi anche le nostre categorie cattoliche. Non gli uomini religiosi e nemmeno i sacerdoti incontrano Dio. Solo chi ha il coraggio di mettersi in strada lo incontra. I magi sono i patroni dei cercatori di Dio.
Siamo ciò che desideriamo. Siamo ciò che cerchiamo.
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