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In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».Lc 10,1-9

Timoteo e Tito, collaboratori della prima ora di Paolo, sono destinatari di tre lettere pastorali dell’apostolo delle genti, primi di una lunga serie di vescovi, incaricati di annunciare il vangelo degli apostoli.

Ieri abbiamo celebrato la conversione di Paolo, oggi la conversione e la vita nuova in Cristo di due suoi preziosi collaboratori: Timoteo e Tito. Come se la Chiesa, nella sua saggezza, volesse darci un messaggio di speranza: la conversione di uno suscita la conversione di tanti. È proprio così: il “sì” detto da Paolo al Dio che credeva di conoscere e che invece perseguitava, è diventato fecondo e ha suscitato una innumerevole moltitudine di altri “sì”. Come una catena i cui anelli sono legati indissolubilmente gli uni agli altri, la fede si trasmette da bocca ad orecchio, da persona a persona, da cuore a cuore. Nessuno si converte per posta o si convince alla fede dopo avere letto un libro. Solo la testimonianza schietta, credibile, affascinante di un credente suscita la fede. Se io, Paolo, sono credente, se il Vangelo ha radicalmente trasformato la mia vita, nonostante i miei limiti, è perché altri, prima di me hanno creduto. E se altri, dopo di noi, crederanno, è solo perché questa catena non viene interrotta. La grande gioia che abbiamo ricevuto accogliendo il Signore, la possiamo trasmettere affidando il nostro “sì”, in questa giornata, alla grazia di Dio.

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