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In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. 
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». 
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio». Marco 8,22-26

Il cieco di Betsaida, il paese natale di Pietro e Andrea, guarisce per gradi, in due tappe successive. Fa tenerezza sentire il cieco che ammette un miglioramento, ma che vede gli uomini come alberi! La conversione è un evento progressivo, che evolve col passare degli anni. Può succedere di avere dei momenti di incontri forti, intensi, durante un ritiro, un pellegrinaggio, un’esperienza di movimento. Ma quello diventa il punto di partenza, non di arrivo: ci vuole tutta la vita e molti fallimenti per convertire il nostro cuore, ci vuole molta pazienza per giungere alla piena conoscenza di noi stessi e di Dio. Abbiamo bisogno di tempo, abbiamo bisogno di pazienza, abbiamo bisogno di apertura mentale, di coraggio per lasciare che il Signore attraversi la nostra vita e la cambi radicalmente. L’evangelista Marco sottolinea l’aspetto concreto dell’azione di Gesù: la saliva, il toccare, l’imporre le mani, come se prefigurasse l’attuale azione del Signore, che sempre avviene attraverso dei segni, dei sacramenti. Non pensiamo di essere arrivati, allora, ma fidiamoci dell’azione del Signore, lasciamoci raggiungere attraverso i segni della sua presenza.

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