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In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno». 
Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. 
Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».

Chiediamo sempre segni, allora come oggi. Come possiamo davvero sapere che Dio esiste? E che ci ama? Ed è buono? Allora, poniamo delle condizioni: Dio se esisti fa’ che… E mi vedo Dio, tenero, con un taccuino che annota, disperatamente, tutte le nostre richieste. Richieste buone e legittime, spesso, come la fine delle guerre, o la guarigione di una giovane madre. Ma anche no: magari la richiesta di una vincita al superenalotto o la sparizione di una persona antipatica… Gesù è severo: non ci sarà dato nessun segno, solo quello di Giona. Giona è un profeta che, di malavoglia, ha chiesto ai cittadini di Ninive di convertirsi. E questi, udite, udite!, lo hanno fatto, dal re fino all’ultimo schiavo si sono pentiti e hanno chiesto perdono. Il segno che ci è dato è quello della predicazione, della Parola, della profezia, nulla di più. Il grande segno, per noi discepoli, è la morte e resurrezione del Signore. Smettiamola, allora, di correre dietro ai segni prodigiosi, a cercare il miracolo più strano, la manifestazione più bizzarra: non sono i segni che convertono! Davanti alla resurrezione di Lazzaro (cfr Gv 11), qualcuno si prese la briga di correre a Gerusalemme per denunziare Gesù…

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