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Per una curiosa sovrapposizione liturgica quest’anno il giorno delle Ceneri, il primo del cammino di Quaresima, cade il 14 febbraio, data che celebra la memoria di san Valentino vescovo di Terni, protettore degli innamorati.

Dubito che questa coincidenza scuota le coppie o che segni una vertiginosa flessione di presenze nei ristoranti romantici a lume di candela, essendo, teoricamente, un giorno di digiuno. Ma questa Dioincidenza (copyright di Francesco Lorenzi) mi permette di fermarmi a riflettere su una delle caratteristiche di questo sentimento che tanto ricerchiamo e che tante gioie e dolori lascia nelle vite delle persone.

L’amore è senz’altro quanto di più bello e intenso possiamo sperimentare nella vita e, per noi credenti, addirittura una delle caratteristiche, se non la principale, dell’identità di Dio. E l’amore diventa, per esplicito comando del Maestro, il segno che contraddistingue le relazioni dei e fra i discepoli. Eppure quando dall’Amore passiamo all’amore o scivoliamo nell’amorrre, le cose si complicano. Quando quei principi esaltanti si devono declinare nella fatica del quotidiano, quando devono fare pesantemente i conti con i nostri limiti e le contraddizioni. rischiamo di farci e di fare un sacco di male. 

Ci fosse un manuale di istruzioni!

Ecco, allora, una caratteristica di una sana esperienza d’amore: il senso del limite.

Chi parteciperà all’imposizione delle Ceneri si sentirà ricordare che polvere siamo e che in polvere torneremo.

Che è un modo un po’ brutale ma efficace di ricordarci che su questa terra siamo di passaggio, che il nostro cuore è un vuoto a rendere, che la nostra anima ha un percorso ben più lungo ed efficace di questo breve tempo che ci è dato da vivere. Fare memoria della fragilità dell’essere anche nelle relazioni affettive potrebbe aiutare. Evitare o indirizzare meglio tante discussioni, evitare ripicche e sensi di colpa, cancellare le manipolazioni, smetterla di aspettarsi dall’altro/a (partner, figli genitori) la soluzione ai nostri problemi.

Diventare liberi, insomma, perché memori della pochezza di ciò che siamo. 

Imparando così ad amare come Dio ci ama.

 

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