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In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli.
Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti».
Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».
Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».
Mt 12,46-50

Gesù pretende di essere più di un parente, e di creare legami più forti di quelli famigliari. Marco giunge ad affermare che i suoi parenti sono in imbarazzo per lui, pensano che sia pazzo, che stia lavorando troppo, e lo vengono a prendere per portarlo via. Il vangelo propone un nuovo tipo di legame, un nuovo modello di relazione: quello della comunità, quello della fede, quello del discepolato, che intesse rapporti più saldi di ogni altro legame, che intesse nuove relazioni, che osa andare oltre lo schema (pur bello e dignitoso) del legame parentale.

E questa novità è davvero destabilizzante: inquieta, stupisce, interroga. Ed è vero: molti, fra noi, possono affermare con verità di avere trovato maggiore ascolto e rispetto in fratelli di fede che in quelli di sangue, di avere maggiore intensità spirituale con compagni di fede che con quelli di anagrafe. Così, se qualcuno fra noi vive nel dolore di non avere una famiglia propria, o di vivere male con i propri parenti, ha un orizzonte più ampio: la Chiesa di Dio in cui, come ben suggeriva san Paolo, siamo concittadini dei santi e famigliari di Dio. Facciamo la volontà del Padre, ascoltiamo la Parola che ci fa nuovi, per essere fratelli, sorelle e madri del Maestro Gesù.

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