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Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 2. 43-48

In quel tempo. Il Signore Gesù si mise a parlare e insegnava alle folle dicendo: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

 

Paradossi

Gesù ama i paradossi.

Punta in alto, osa, sposta in alto l’assicella perché sa bene che noi uomini tendiamo sempre ad attenuare, ad annacquare, ad essere molto esigenti con gli altri e troppo condiscendenti con noi stessi.

No, non è venuto a cambiare la strada che conduce al Dio di Israele, ma a portarla a compimento.
Non vivere la radicalità del vangelo è come usare un sale scipito, come mettere la lucerna sotto allo sgabello: un’idiozia.

Amore e preghiera

Era normale, al tempo di Gesù amare e perdonare, era previsto e predicato dai rabbini. Ma l’amore e il perdono erano ristretti al popolo di Israele. Il nemico andava odiato. Allora capiamo la follia della predicazione di Gesù, che sovverte l’ordine: amare chi ti ama non è opera meritoria, pregare per chi ti è nemico, augurargli la conversione, non la morte, significa imitare il Padre. E il Figlio, che sulla croce perdona i suoi assassini.

È normale trovare antipatico chi ci contrasta.È evangelico scegliere di passare sopra alle antipatie per trovare ciò che unisce.

È normale difendere le proprie cose, il proprio territorio, la propria famiglia.È evangelico scegliere il dialogo, il confronto, la conoscenza reciproca per farlo.

È normale che d’ogni tanto la parte oscura che c’è in noi emerga.È evangelico lasciare che la parte luminosa sconfigga la parte peggiore di noi.

Se essere cristiani non cambia le nostre scelte, se non cambia la nostra vita, le nostre reazioni, significa che il Vangelo non ha davvero arato il nostro cuore.
Gesù è asciutto e diretto, chiede tanto perché dona tanto.

Non vuole che i suoi discepoli siano all’acqua di rose, bravi ragazzi insipidi e anonimi, ma uomini e donne capaci di dire chi è veramente Dio, di chi può essere davvero l’uomo.

Perfetti

E Matteo conclude: imitate il Padre, imitate Dio, siate perfetti come lui.

Non in uno sforzo impossibile, ma nell’accoglienza dell’opera di Dio in noi.

La cosa che mi ha sempre incuriosito è il fatto che Luca, riprendendo questo testo, decide di apportare una correzione: siate misericordiosi, dice, come è misericordioso il Padre vostro.

Aveva paura, Luca, dei cristiani che pensano di essere migliori, che diventano professionisti della fede, neo-farisei, giusti ed ipocriti.

La perfezione di Dio consiste nella sua misericordia, nel guardare col cuore alla nostra miseria.

Imitiamo il Padre quando vediamo nel violento una scintilla di bontà da far crescere.

Imitiamo il Padre quando guardiamo al lato luminoso della realtà e delle persone. E di noi stessi.

Imitiamo il Padre quando è la compassione a prevalere

Rendici misericordiosi, oggi, Signore: che la tua perfezione di amore si rifletta, un poco almeno, nell’accoglienza che sapremo dare a tutti i fratelli che oggi incontreremo.

 

 

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