Fa freddo, come non te lo aspetti.
Hebron è un luogo fondamentale per un credente: lo straordinario mausoleo voluto dal re Erode protegge le tombe dei patriarchi, sulla grotta di Macpela, quella comprata da un tenero Abramo per seppellire Sara. Oltre a loro la tomba custodisce i resti mortali di di Isacco e di Giacobbe. Un luogo straordinario per chi cerca Dio. E terribile. Da una parte una moschea, dall’altra una sinagoga. Per raggiungere l’una o l’altra occorre superare i severi chek.point e non farsi impressionare dai militari israeliani che presidiano la struttura.
Sono abituato, da anni vengo in Israele. Meno alcuni dei pellegrini straniti da quelle armi,
Nessun turista viene ad Hebron, gli autisti dei pullman si rifiutano di venire. Non il nostro, amico, che è originario di queste parti e che ci scorta fra i vicoli. Un negozio di souvenir ci accoglie con entusiasmo, il proprietario non smette di ringraziarmi: qui la povertà è una cosa seria. Poi andiamo nel Suq: da diversi anni un gruppo di coloni ha occupato una parte degli edifici, protetti dai soldati. quattrocento coloni scortati da 1600 soldati. C’è sempre stata una presenza ebraica in questa città santa, certo, ma ora questa presenza è imposta e foriera di gravi tensioni. Il suq è sovrastato da una rete metallica per proteggere i passanti dall’immondizia gettata dall’alto, dai coloni. Il freddo è pungente mentre saliamo su una terrazza a vedere la situazione dall’alto.
Una povera famiglia vive in un’unica stanza: la porta d’ingresso apre su una garritta presidiata da un soldato. Inquietante.
Il cimitero musulmano è tagliato fuori da un cordone di sicurezza.
I pellegrini, infreddoliti, sono letteralmente assaliti dai ragazzi che cercano di vendere qualcosa. Abbiamo speso quello che avevamo ma i ragazzi si fanno insistenti, alcuni troppo, la tensione sale e anche un po’ di paura da parte di alcune signore spaventate da tanta aggressività. E’ meglio andare e tornare al pullman.
Tutti tacciono, scossi.
Il pulmann riparte. Rivedo i volti di molti abitanti che, dai negozi vuoti, ci salutano: Welcome to Palestine.
In alto svetta un aquilone, Qualche ragazzino ha ancora il coraggio di giocare. Abramo ne sarà contento.
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