Mi scrive una lettrice che ha vissuto un momento drammatico della sua vita. Studentessa giovanissima, ha scoperto, sei mesi fa, una grave malattia che ha dovuto combattere drasticamente, portandola vicino all’abisso, al punto di non-ritorno. La incontro dopo una conferenza estiva, mi raccontando la gioia di essere tornata a vivere.
Ho sofferto davvero tanto, sia nel corpo che nell’anima, ma quel dolore mi ha rigenerato. So che può sembrare strano, ma per certi versi devo dire grazie alla malattia. Innanzitutto grazie perché mi ha fatto incontrare persone (malati, amici e parenti di malati, alcuni medici ed infermieri, la mia psicologa) dotate di grande umanità: belle, profonde, sensibili, riflesso sicuramente della bellezza di Dio. E, con mio grande stupore, ho scoperto che la maggior parte di queste persone si dichiarava non credente o non praticante. Sono sempre più convinta – prima pensavo il contrario – che l’amore di Dio ed una certa spiritualità siano presenti in ogni persona, credente e non. Che gioia!
Continua raccontandomi di come la malattia ribalta le nostre classifiche, rimette l’essenziale al centro, ci aiuta a guardare a noi stessi in maniera diversa. Paradossalmente, almeno nel suo caso, la malattia è diventata un’opportunità.
Mi ha fatto molto riflettere la sua lettera: forse non dovremmo aspettare eventi drammatici per vivere al meglio le nostre giornate.
(Una preghiera per noi: domani parto con 30 pellegrini in Israele, a portare gente sulle tracce del Nazareno)
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