La chiesa di periferia è stracolma, come accade solo in queste occasioni. Sei, settecento persone, più qualche centinaio fuori dalle porte che chiacchierano. I ragazzi, una sessantina, siedono ai banchi, uno a testa, insieme a famigliari e padrini. Un po’ di emozione, qualche papà che non mette piede in chiesa da un decennio, madrine che approfittano della platea per sfoggiare improbabili mise, dalla stola di visone (!) ai capelli viola e stivaloni bianchi stile Lady Gaga.
La celebrazione scivola via abbastanza liscia, bravi il parroco e il vescovo che gestiscono l’inusuale assemblea, quelle che fanno mettere le mani nei capelli dei devoti. Tant’è, anche questo è uno dei volti belli della Chiesa, popolare e accogliente.
La predica è finita. Inizia il rito.
Il vescovo chiede all’assemblea di tacere. Sono i cresimandi a rinnovare le promesse del battesimo.
Credete in Dio Padre onnipotente creatore del cielo e della terra?
Credo!
Non proprio un boato, ma mi stupisco della determinazione. E dell’intonazione delle voci acerbe degli adolescenti. Mi commuovo fino alle lacrime.
Non so se abbiano consapevolezza di quello che accade. Per molti, penso a mio figlio, la Cresima è soprattutto il regalo tanto atteso, giusto, ci mancherebbe. E non so nemmeno quanti saranno ancora qui domenica prossima. Ma non importa. La loro è una fede piccola, in crescita, liberi della libertà dei figli. Alcuni vivranno tutta la vita senza pensare a questo giorno. Altri, mistero dell’umana natura, dello splendore delle opportunità, saranno ricolmi di fede.
Mi commuovo, davvero, mentre il vescovo ancora chiede, serioso, di scegliere.
E penso a loro, a noi, a me. A questa Chiesa che tratta i dodicenni come degli adulti, che chiede loro impegni seri, che si fida, che incoraggia, che osa. Cosa che il mondo non fa, cosa che noi adulti non facciamo.
A questa Chiesa che sa di essere piccolo e inadeguato strumento.
E che dona il Vangelo a tutti, che sparge il seme della Parola ovunque.
Sarà Dio a far crescere.
2 Comments