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18 aprile

In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Gv 6,35-40

Tutta la fame che portiamo nell’anima, tutto il bisogno di felicità che ci troviamo addosso, tutta la delusione che sperimentiamo nello scontrarci con i nostri limiti e con la durezza del mondo hanno una soluzione, un pane che nutre: la presenza di Cristo. Reale, possibile, intensa, discreta, quotidiana. Gesù si propone come un pane che sazia, come l’unico nutrimento dell’anima. Perché, allora, non accettare la sfida, non osare, non credere, non fidarsi di lui e delle sue parole? Parole che svelano il volto di un Dio misericordioso e paterno, che desidera la salvezza di ogni uomo, che lavora finché la salvezza di realizzi. Ancora troppi hanno in testa l’idea di un Dio da tenere a bada, un Dio scostante e imprevedibile da non far arrabbiare. E troppi, anche fra i cristiani, pensano di convertire le persone minacciando catastrofi e apocalissi. Torniamo all’essenziale, come sa fare papa Francesco, torniamo a dire alle persone che incontriamo che Dio è pane che sazia e che solo in lui troviamo la pace, solo in lui troviamo misura e forma alla nostra vita, senso e pienezza del nostro vagare.

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